scritta» i contratti aventi a oggetto prodotti agricoli e alimentari. E,
per il mancato rispetto dei termini di pagamento fissati per legge in
60 giorni (o 30 giorni per i prodotti deteriorabili), oltre agli
interessi sempre dovuti, pene fino a 500 mila euro, avuto riguardo al
fatturato e alla recidività dei ritardi. Questo ciò che emerge dalla
lettura dell’art. 62, dl n. 1/2012 («decreto liberalizzazioni») e dal
decreto attuativo, emanato dal ministero delle politiche agricole di
concerto con il ministero dello sviluppo economico.
In sintesi, gli accordi che hanno per oggetto la cessione di prodotti
agricoli, di qualsiasi genere e alimentari, devono essere
«obbligatoriamente» stipulati in forma scritta e devono contenere, a
pena di nullità, la durata, la quantità e le caratteristiche del
prodotto ceduto, nonché il prezzo, le modalità di consegna e i termini
di pagamento. Quest’ultimo è il vero punto cruciale della questione
giacché nel comparto agricolo i termini di pagamento sono da sempre
alquanto diluiti (si arriva anche a 18 mesi per taluni prodotti non
edibili come le piante ornamentali), mentre il comma 3, del citato art.
62 ha disposto che il pagamento del prezzo ai fornitori deve essere
eseguito nel termine di 30 giorni dal ricevimento della fattura per i
prodotti deteriorabili e di 60 per le altre merci, a prescindere dalle
controparti.
Il termine per il pagamento della cessione decorre dall’ultimo giorno
del mese di ricevimento della fattura e gli interessi, da determinarsi
tenendo conto del saggio legale aumentato di due punti percentuali,
decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine, senza che il
cedente proceda nella «messa in mora» del debitore e sono sempre
applicabili a prescindere dalla volontà delle parti.
Il Consiglio di Stato, con l’adunanza del 27/09/2012 (numero
04203/2012, dello scorso 8 ottobre) ha dato «parere favorevole» alla
bozza di decreto di attuazione che, di fatto, è già in vigore, ancorché
sia prevista una prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale,
compiendo rilievi sul difetto di coordinamento del momento di decorrenza
automatica degli interessi e sull’identificazione dello stesso saggio
che non dovrebbe essere derogabile dalle parti ma ancorato a quello
indicato dalla normativa comunitaria, riguardante la lotta contro i
ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, maggiorato di due
punti percentuali.
Il mancato rispetto dei termini di pagamento, oltre che far scattare
il calcolo degli interessi, costituisce un illecito sanzionabile con
un’ammenda da euro 500 a euro 500 mila, mentre la violazione
dell’obbligo della forma scritta e l’assenza dei contenuti obbligatori
fa scattare la sanzione da euro 516 a euro 20 mila.
Il Consiglio di stato, però, ha eseguito rilievi anche sulla
necessaria presenza di un contratto in forma scritta che dovrebbe
presupporre la manifestazione di volontà delle parti che, per espressa
previsione («anche priva di sottoscrizione») manca di un requisito
negoziale fondamentale, quale la convalida (firma) della controparte.
Inoltre, le imprese che emettono una fattura differita, in assenza di
una data certa di ricezione del documento e stante il fatto che, in tal
caso, il cedente deve considerare la data di consegna dei prodotti,
avranno difficoltà a determinare correttamente e per ogni consegna la
data di decorrenza degli interessi.
Infine, si segnalano ulteriori problematiche applicative con
riferimento al recupero di tutti i dati e informazioni dei «contratti in
essere» (per esempio, piante ordinate a gennaio, consegnate a
settembre, con pagamento concordato a marzo 2013) alla data del 24
ottobre, che dovranno essere adeguati in forma scritta con l’indicazione
di tutti i dati prescritti dalla disciplina in commento, non potendo
utilizzare l’integrazione nei documenti originari già emessi (Ddt o
fatture), ma dovendo ricorrere all’elaborazione di una scrittura privata
ad hoc.